Il Beato Agostino Novello, al secolo Matteo, nacque intorno alla metà del XII sec. e morì a Siena nel 1309. Fu Generale dell’Ordine Agostiniano, e Penitenziere Apostolico di ben tre Pontefici: Nicolò IV, Celestino V, Bonifacio VIII. Il sacerdote termitano Giuseppe Ciprì (1743-1809) ci dà notizia che la devozione del il Beato, a Termini, esisteva da “tempo immemorabile” (1). Ciò nonostante, in ambito locale, si evidenzia indubbiamente una traccia agostiniana nella chiesa di Santa Caterina d’Alessandria Egiziaca. Infatti, in un riquadro degli affreschi che ornano le pareti, emerge anche la figura del taumaturgo agostiniano San Nicolò da Tolentino (1245 – 1305). Ciò induce ad ipotizzare la presenza di culti di santi di matrice agostiniana a Termini, almeno, nell’arco di tempo compreso tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo.
La traslazione della reliquia del Beato Agostino Novello da Siena a Termini, avvenuta il 25 luglio 1620, alimentò la venerazione e il culto. La traslazione dell’intero corpo fu richiesta ripetutamente nei secoli successivi, senza successo. Finalmente, questo anelito fu esaudito il 19 maggio del 1977 (2), allorché il corpo ricomposto del Beato Agostino Novello arrivò a Termini Imerese, di cui era già patrono sin dal 1723 (3). Nondimeno, molto pregevoli sono le icone del Beato conservate nelle chiese termitane. In particolare, nella Maggior Chiesa di San Nicola di Bari, il Duomo, dove sorge la Cappella intitolata in suo onore. In particolare, siffatta struttura architettonica, adornata di statue allegoriche risalenti al Settecento, accoglie l’urna con in corpo del Beato. Nelle pareti di tale cappella si ammirano degli affreschi di autori ignoti, risalenti al XVIII sec., che raffigurano: Il re Carlo d’Angiò che dona la testa di S. Luca, evangelista al Beato Agostino; e Il Papa Nicolò IV che consegna al Beato Agostino la chiave, segno del mandato di Penitenziere apostolico. Nella nicchia della stessa Cappella, trovasi anche l’affresco di autore anonimo, che riproduce, La Gloria del Beato Agostino.
Inoltre, la Chiesa Madre custodisce al suo interno, alcuni dipinti ad olio su tela. Il più antico raffigura il Beato Agostino, un olio su tela (sec. XVII), recentemente attribuito all’artista termitano Francesco La Quaraisima (1591-1668) dagli storici Antonio Contino e Salvatore Mantia, con una datazione al 1649. La tela era originariamente conservata nella cappella dedicata al Beato e di patronato del Sac. Don Giuseppe Cioffo, sita nella chiesa di Maria SS. Annunziata in Termini (4). Al Settecento, invece, data l’opera del pittore palermitano Tommaso Pollaci (1748 – 1830) che la completò nel 1784. Essa ritrae Il Beato Agostino Novello che riceve dal Papa Nicolò IV il mandato di Penitenziere pontificio. E sempre al Pollaci, per affinità di stile, è attribuita l’opera rappresentante Il Beato Agostino Novello che consegna la veste religiosa ad un guerriero.
Anche il museo annesso al Duomo è custode di un altro dipinto del nostro patrono: ritraente, appunto, il Beato Agostino (pittura ad olio del XVIII sec.), attribuito ad artista siciliano. Fra tutte le opere d’arte termitane relative al Beato Agostino Novello, non si può fare a meno di annoverare anche le immagini devozionali riguardanti le edicole votive, queste ultime sparse per le vie della città (5). Esse, oltre ad assumere un importante valore della pietas popolare, sono da considerarsi un importante documento storico religioso. Tra queste piccole cappelle sacre, merita attenzione, anche quella collocata in via Gregorio Ugdulena, la cui tela originale (pittura ad olio) si trova oggi nel nostro Museo Civico “Baldassare Romano”. In realtà, a Termini Imerese esistono ben sei edicole realizzate in Suo onore e sono situate nelle seguenti vie:
Via Palermo (Porta Palermo), statuetta con libro e chiave.
Via San Francesco Saverio, statuetta con libro e chiave.
Via Gregorio Ugdulena, [olio su tela del maestro Salvatore Contino (1922-2008) con libro e Angelo].
Piazza San Carlo, statuetta con libro, chiave e colomba.
Via Bagni, immagine molto deteriorata su intonaco, con Angelo e Madonna.
Via Giustino Ferrrara, immagine con libro, Angelo e Madonna.
Nel novero della festa dedicata al Beato Agostino Novello (19 maggio 2025), dopo la Santa Messa nella Chiesa di San Nicola di Bari, presieduta dal Parroco Sac. Don Antonio Todaro, il corpo del patrono è stato portato in solenne processione sino alla Parrocchiale del SS. Salvatore. Lì, il 21 dello stesso mese, al termine della celebrazione dell’ottavario in onore del Santo Patrono, officiata dal Parroco Sac. Don Gaetano Marsiglia, si è tenuta una conferenza dal titolo: “Conosciamo il Beato Agostino”, da parte del relatore, Arch. Cosimo Serio. Alla conferenza in chiesa ha assistito un nutrito uditorio e vi sono stati alcuni interventi particolarmente interessanti. Per i lettori, con vero piacere, su concessione del relatore, riportiamo fedelmente il testo di detta conferenza, commentato dinanzi l’assemblea.
«Buonasera a tutti
Il buon p. Gaetano mi ha fatto uno scherzetto.
E’ vero, avevo dato la mia disponibilità a raccontare quel poco che so sul Beato Agostino Novello, ma lo avevo fatto pensando ad un gruppetto interessato di parrocchiani, magari nella chiesetta, insomma tra pochi amici e non una conferenza cittadina.
Questo lo dico perché non sono uno storico né tantomeno uno studioso del Beato. Ringrazio comunque p. Gaetano perché in questo modo mi ha sollecitato a conoscere ancora di più Agostino Novello, aggiungendo riflessioni ulteriori a quello che sapevo e soprattutto andare ancora più a fondo nella umanità di quest’uomo, alla sua vita, alla sua appartenenza a Cristo e soprattutto a vedere in maniera sempre più chiara, quel centuplo che Gesù ha promesso in questa vita a coloro che lo seguono.
Gesù ci ha detto: “Vi darò il centuplo quaggiù e l’eternità”.
Non ci ha detto fate i bravi che poi vi darò un regalo.
Iniziamo.
“Vi è una accezione della parola santità la quale si rifà ad una immagine di eccezionalità che una aereola esprime. Eppure il santo non è un mestiere di pochi, né un pezzo da museo. La santità vista in ogni tempo, come la stoffa della vita cristiana. Il santo non è un superuomo. Il santo è un uomo vero”.
Sono queste parole di don Giussani nella prefazione ad un libro di Cyril Martindale titolato Santi.
Il santo, quindi, è un uomo vero.
Ma quando un uomo è vero?
“Un uomo è vero, prosegue Don Giussani, quando aderisce a Dio e quindi all’ideale per cui è stato costruito il suo cuore e di cui è costituito il suo destino.” La santità quindi è così riconoscimento del bisogno fondamentale cioè la realizzazione del proprio significato,”
Stiamo parlando del: e io chi sono?
La società oggi e la cultura dominante hanno di fatto censurato tali domande.
Quale è il senso della vita? Perché la sofferenza? Perché la morte?.
In maniera semplicistica la risposta è: non ci sono risposte, quindi è inutile porsele.
Ma così non è.
Mi viene in mente una canzone di Vasco Rossi “Dannate Nuvole” dove si dice:
Quando cammino in questa valle di lacrime
Vedo che tutto si deve abbandonare
Niente dura niente, niente dura e questo lo sai
Però non ti ci abitui mai
Chissà perché
Quando mi sento di dire la verità
Sono confuso non sono sicuro
Quando mi viene in mente che non esiste niente
Solo del fumo, niente di vero
Niente è vero niente è vero e forse lo sai, però tu continuerai
Chissà perché?
Di fronte al significato della vita, alla ricerca del senso delle cose, dice Vasco “Tu non tu abitui mai” e si chiede “Chissà perché”
Perché così ci ha fatti Dio.
Come ebbe modo di sperimentare S. Agostino che cercò di capire dove lo portava il cuore, afferma: “Hai fatto il nostro cuore inquieto, finché non riposa in Te”.
Ma perché ho iniziato parlando della santità e del santo come un uomo vero?
Perché qui in mezzo a noi c’è un uomo e c’è anche un santo.
Vi racconterò quindi la storia della vita di questo uomo. Un uomo che ha avuto paura della morte che in un momento della sua vita dovette fare i conti con quelle domande di cui parlavamo poco fa e a cui rispose con una scelta tanto radicale quanto determinata.
Vi racconterò della vita di un uomo e di come è diventato santo. Perché come dicevo all’inizio, santo non è un superuomo. La santità è alla portata di tutti, ma proprio di tutti. Sto parlando di noi.
Due sono le biografie più antiche che parlano del Beato Agostino.
La prima è contenuta in un manoscritto del XV secolo, conservato nella biblioteca Medicea-Laurenziana di Firenze, ma si deduce che il testo originale era stato scritto da un anonimo religioso agostiniano di Firenze tra il 1329-1331.
La seconda biografia è contenuta in un codice manoscritto della prima metà del XIV secolo, conservato nella Biblioteca Comunale di Siena.
Anche questa seconda biografia si deduce che l’autore è un anonimo religioso agostiniano di Siena che la scrisse tra il 1338 ed il 1357 e che ci parla di cose riferite da “persone degne di fede” che vissero con il Beato.
Fatta questa premessa ritengo non necessario disquisire sulla città che diede i natali. Potrà essere oggetto di ulteriore incontro. Su una cosa molti di coloro che hanno trattato l’argomento concordano. Il Beato Agostino nacque nel Regno di Sicilia. Riguardo il nome di nascita si sa con certezza che era Matteo. Non si conosce la famiglia di appartenenza. Per Antonio Vassallo, storico agostiniano, apparteneva alla famiglia dei Novelli. Per p. Giovanni Liotta che riprende uno storico trapanese, tal Bernardo Riera, appartenente alla famiglia De Thermes o Termini, nobili palermitani provenienti dalla Catalogna.
Il Sòlito, storico termitano del XVII secolo, che potesse appartenere alla famiglia Terano, date che ci sono delle tracce a Termini di un certo Pietro da Terano.
Non si conosce la data di nascita, ma si propende tra il 1230-1235.
Nacque in un castello distante circa trenta miglia da una città. Fra le ipotesi la città è Palermo ed il castello di Termini.
Di nobili natali, pertanto avrà ricevuto istruzione ed educazione all’altezza della famiglia di appartenenza. A Palermo regnava Federico II di Svevia, lo Stupor Mundi e con molta probabilità avrà frequentato Palazzo dei Normanni.
Volendo continuare gli studi, avrebbe dovuto iscriversi all’Università di Napoli, poiché era proibito ai sudditi del regno studiare in altre università. Alla morte di Federico II l’Università di Napoli perdette importanza ed allora per Matteo si aprì la possibilità di andare a studiare a Bologna. La madre che in un primo momento era contraria, poi acconsentì e lo accompagnò fino a Roma.
Fu a Bologna tra il 1251-1252 e considerato che la durata degli studi in diritto civile e diritto canonico era di otto anni si presume che si sia laureato tra il 1259-1260.
A Bologna, Matteo non ebbe certamente solo una formazione professionale ma certamente visse le problematiche del tempo.
Siamo in un momento in cui nuovi movimenti spirituali rinnovano la Chiesa. Matteo a Bologna frequentò i frati predicatori nella Chiesa di S. Domenico. Conobbe di certo molti uomini di cultura, e soprattutto seguì con interesse i rapporti tra il potere spirituale ed il potere temporale. Laureatosi a Bologna e ritornato in patria fu convocato da Manfredi che “lo mise a capo di tutta la corte”. Si dovette occupare nella cancelleria del Regno di rapporti diplomatici, soprattutto con la Santa Sede, per raggiungere una pace stante i rapporti difficili tra il re ed il papato.
Ma la diplomazia non servì molto ed il papa Urbano IV, francese, chiamò Carlo d’Angiò per contrastare Manfredi, e nella battaglia di Benevento nel 1266 il re Svevo perse la vita abbandonato soprattutto dai fedelissimi.
Matteo partecipò alla battaglia?
Non solo partecipò alla battaglia, ma per paura della morte, abbandonò il re a combattere e morire da solo. Matteo ebbe paura e fuggì in Sicilia. Si ammalò ed ancora una volta lo spettro della morte si presentò. Chiese Dio la guarigione promettendo di farsi religioso. Scelse di entrare nell’Ordine dei Domenicani ma alla fine è nell’Ordine degli Eremiti di S. Agostino che si ritrovò, assumendo il nome di Agostino. Visse in Sicilia fino all’invasione dell’isola di Carlo d’Angiò, che conquistando l’isola inasprì la persecuzione contro i seguaci degli Svevi.
Venuto a conoscenza di eremi vicino Siena, chiese ai confratelli di esservi trasferito. Ciò, visto i suoi trascorsi alla corte di Manfredi e quindi per evitare ulteriori rischi. Nell’eremo di Lecceto, a circa 10 km da Siena, Agostino trascorre circa dieci anni, sconosciuto a tutti, dedito alla preghiera ed a umili servizi, insomma un povero e ignorante fraticello. Un caso fortuito fece conoscere la sua identità. I confratelli avevano una causa con il vescovo di Siena per la proprietà di un podere. Agostino si prestò a scrivere poche parole in difesa dei diritti del convento. L’avvocato del vescovo, tale Giacomo Pagliaresio o Paglieresi, riconobbe in quelle righe la dottrina di un collega universitario, con il quale era stato alla corte di Manfredi e che riteneva morto nella battaglia di Benevento. Volle vederlo e riconosciutolo rivelò ai frati chi era quel loro confratello, dando loro vinta la causa. A questo punto inizia una nuova esperienza per Agostino.
Siamo nel 1278 e il Priore Generale dell’Ordine Agostiniano era Clemente da Osimo. Venuto a conoscenza della esistenza di Agostino lo volle con sé a Roma per la revisione delle Costituzioni dell’Ordine e lo fece ordinare sacerdote.
Nel 1288, Nicolò IV appena eletto papa, chiese al Generale Clemente da Osimo, un religioso come confessore della Curia Romana. Clemente presentò Agostino. Rimase penitenziere a servizio del Papa e della sua corte fino al 1298, confermato anche dai successivi papi Celestino V e Bonifacio VIII.
Nel maggio 1298 si celebrava a Milano il Capitolo Generale dell’Ordine per eleggere il nuovo Priore Generale dell’Ordine. I frati scelsero lui. Accettò ancora una volta l’incarico senza avere prima accoratamente chiesto di esserne esonerato. Intervenne addirittura Bonifacio VIII, affinché Agostino accettasse l’incarico. Accettò, ma non completò il triennio previsto dalle Costituzioni. Era il 1° Maggio del 1300, quando convocò il Capitolo Generale e presentò le dimissioni, irremovibile nella decisione. Ritornò alla sua vita contemplativa, di silenzio e di preghiera. S. Leonardo al Lago fu l’eremo che lo accolse.
Pensate che il Beato Agostino voleva fuggire dal mondo, scappare da quelle responsabilità cui era stato chiamato e a cui sempre aveva ubbidito, pur avendo sempre chiesto di essere esonerato da quegli incarichi, perché si riteneva incapace ed inadeguato.
Obbedì a Clemente da Osimo a redigere le Costituzioni, obbedì ai Papi che lo vollero penitenziere alla Caria Romana ed infine obbedì alla decisione del Capitolo Generale dell’Ordine Agostiniano che lo elesse Priore Generale. Aveva chiaro comunque che non si può stare nel mondo e ricoprire incarichi e responsabilità senza un intenso rapporto con Dio. E lui, che questo rapporto l’aveva cercato e trovato nel silenzio dell’eremo ne sentiva la necessità così come si ha bisogno dell’aria per respirare.
Ciò nonostante, non venne meno la sua disponibilità ad ascoltare quanti si rivolgevano a lui ed al suo impegno nel contesto cittadino di Siena.
Interessante in questo senso è un rogito testamentario ritrovato da un giovane ricercatore dell’Università degli Studi di Roma Tre, redatto il 26 maggio 1302 nel quale il nostro beato viene nominato esecutore dei legati del testatore. Siamo nella Siena del Governo dei Nove. Un periodo storico che vede una città vivace sia economicamente che culturalmente. Numerosi interventi cambiarono il volto della città. Si costruì il Palazzo Comunale, la Cattedrale e si ampliò l’Ospedale di S. Maria alla Scala. Fu lui a convincere un nobile senese, tale Ristori di Giunta Menghi a diventare il fondatore dell’Ospedale ed a devolvere tutti i suoi beni per l’ampliamento della struttura.
Per gli incarichi che aveva ricoperto e per lo spessore culturale era chiaro che era diventato un punto di riferimento per le famiglie nobili senesi. Stiamo parlando dei Piccolomini, dei Tolomei. Questi suoi rapporti gli consentirono di dirottare all’ospedale, ingenti lasciti testamentari che fecero dell’Ospedale di S. maria alla Scala di Siena la struttura assistenziale più importante d’Europa.
Ottenne dalla Curia dei privilegi che consentirono ai membri dell’Ospedale gli Oblati di chiamarsi frati e di godere della esenzione della giurisdizione vescovile.
Concesse ai frati di avere una regola, uno statuto ed un abitino. L’eremita veniva visto dal popolo come l’intermediario ideale tra la terra ed il cielo e per questo particolarmente ricercato. Visse i suoi ultimi anni tra l’eremo e la città in particolare l’ospedale di cui ne era diventato l’anima.
Morì il 19 maggio del 1309, nell’eremo di San Leonardo al lago, assistito dai suoi confratelli. Il suo corpo per disposizione del vescovo di Siena Fra Ruggero da Casole dell’Ordine dei Domenicani, non fu seppellito sotto terra, a conferma delle riconosciute virtù di santità di vita.
Fu trasferito nella Chiesa di S. Agostino a Siena e… dopo secoli e secoli di storia e di varie vicende (la reliquia ottenuta nel 1620, la Beatificazione nel 1759, la traslazione del corpo nel 1977)

ORA E QUI
In mezzo a noi, a Termini Imerese
Questo è un dato, questa è la realtà.
Ed è emozionante dopo aver conosciuto la vita di quest’uomo, le sue vicende umane, il prestigio di stare alla corte di re Manfredi, la paura di morire, la decisione di entrare nell’Ordine Eremitano di S. Agostino, il trasferimento all’eremo di Lecceto, la vita di nascondimento, di preghiera, di penitenza, il suo riconoscimento e la responsabilità cui viene chimato che accetta per obbedienza, le sue conoscenze e le sue capacità di mediazione, di ascolto, la sua austerità, il suo potere usato per avvicinare gli uomini a Dio.
Ecco, è un dono immenso avere qui in mezzo a noi questa presenza tanto silenziosa quanto ingombrante. Il popolo termitano, si dice non sente alcuna devozione per il beato Agostino. Non c’è il festino di una volta, le bancarelle, le luminarie, i botti, non c’è il cantante in piazza.
E’ inutile nasconderlo. E’ un sentire comune, che rivela in fondo una velata tristezza. Ostentata nei social come un diritto. Il diritto di una festa negata.
Ma voi pensate che il Beato Agostino abbia bisogno di visibilità e che la sua presenza sia legata alla nostra devozione?
Diceva S. Agostino: “Quelli che ci hanno lasciato non sono assenti, sono invisibili, tengono i loro occhi pieni di gloria fissi nei nostri pieni di lacrime”.
Siamo noi che abbiamo bisogno di lui.
Il Beato continua a rimanere nel suo eremo.
Non pensate che la cappella a destra del transetto della Maggior Chiesa non sia come l’eremo di S. Leonardo al Lago?
In penombra, nessuna lampada accesa, nessun cero, silenzio assoluto. Continua nella nostra città la sua presenza discreta e silenziosa.
E’ lì che ci aspetta, per accogliere i nostri dubbi, i nostri problemi, le tegole che all’improvviso ci cadono addosso, una malattia, una morte improvvisa, la perdita del lavoro, le difficoltà con le persone che amiamo, i figli…
Lui è lì che ci aspetta, sempre, tutto l’anno. Riconosciamo questa presenza eccezionale. La festa sarà una conseguenza.
Grazie per la pazienza».
Cosimo Serio
Note:
(1) Giuseppe Ciprì, Esame storico-critico sulla patria del Beato Agostino Novello parte II – Biblioteca Liciniana.
(2) Giuseppe Longo 2021, Tracce agostiniane a Termini Imerese: Il culto del Beato Agostino Novello, la sua canonizzazione nel 1759, e un suo ritratto “ritrovato”, Cefalunews, 22 ottobre 2021.
(3) Patrizia Bova e Antonio Contino, 2018, “Tracce agostiniane a Termini Imerese nel Seicento: il S. Nicolò da Tolentino di Silvestre Di Blasi”. Esperonews, 20 giugno.
(4) Antonio Contino – Salvatore Mantia, Architetti e Pittori a Termini Imerese tra il XVI ed il XVII secolo. GASM, Termini Imerese 2001.
(5) Giovanni Liotta “Il Beato Agostino Novello”, Palermo 1977.
Bibliografia e sitografia:
Ignazio Candioto, Civitas Splendidissima, Palermo 1940.
Giovanni Liotta, “Il Beato Agostino Novello”, Palermo 1977.
Carini Isidoro, Orazione Panegirica in onore del B. Agostino Novelli, Termini Imerese 1873.
Giuseppe Ciprì, Esame storico-critico sulla patria del Beato Agostino Novello parte II – Biblioteca Liciniana.
Agostino Corrao, La patria del Beato Agostino Novello, Roma 1915.
Vassallo A., OSA., A. N a servizio del regno di Sicilia e del papato, in Matteo Novelli e l’agostinismo politico del Trecento, Palermo 1983, 79-100.
Giovanni Liotta, La Chiesa Parrocchiale di S. Nicola di Bari in Termini Imerese, Termini Imerese, 1989.
Agostino Balsamo, Il Beato Agostino Novello nel 680° anniversario della sua morte, Bagheria, 1989.
Nicolosi M., OSA., Il Codice Senese (K VIL 36) della Vita di Matteo Novelli, in Augustiniana 42 (1992) 111-72.
Giacomini A. M., OSA., A. Novello beato, in BS. I, Roma 1961 (rist. 1990), 601-07.
Sr. Dina Roda, B. Agostino Novello Agostiniano: VII Centenario della Morte 1309-2009, Eremo agostiniano di Lecceto (Siena), Roma, 2009.
Giuseppe Longo 2019, Ciclo delle conferenze dedicate a Giuseppe Patiri 8º incontro, Cefalunews, 21 gennaio.
Giuseppe Longo 2019, Ciclo delle conferenze dedicate a Giuseppe Patiri 8º incontro: Nel 210° anniversario della morte di Giuseppe Ciprì (1743-1809), Biblioteca Comunale Liciniana, via Garibaldi 24 Termini Imerese (PA), 29 gennaio.
https://beatoagostinonovelloterminiimerese.blogspot.com
Ph. Termini Imerese, Chiesa di San Nicola di Bari, 19 maggio 2025. Urna del Beato Agostino.
Giuseppe Longo








